di Ornella Cioni
Martedì 6 maggio, alle ore 21 presso la Sala del Governatore di Orvieto Laura Ricci, candidata sindaca per la lista “Ri-governare Orvieto”, ha creato l’occasione per incontrare Annarosa Buttarelli, autrice di “Sovrane. L’autorità femminile al governo”, il libro pubblicato recentemente da Il Saggiatore. In questi anni il Filo di Eloisa si è costantemente impegnato nel proporre alla riflessione il tema della cittadinanza e della partecipazione politica delle donne. Per questo siamo state particolarmente interessate dal testo di A. Buttarelli, che si pone nel filone di riflessione filosofica e politica che da alcuni decenni ormai viene portato avanti dalla comunità filosofica di Diotima e che ha prodotto una nutrita serie di testi di valore, che meritano tuttavia di essere ancora diffusi e approfonditi al di fuori di ambienti più ristretti . A mio avviso infatti molta è la necessità di rielaborare i numerosi elementi nuovi di questa produzione e dello stesso libro “Sovrane”. Questo testo ci costringe a fare i conti con alcuni concetti ai quali normalmente ci riferiamo nella nostra quotidiana riflessione politica, concetti che a volte diamo per scontati e di cui ci serviamo nel nostro agire politico, ma che A. Buttarelli rimodula, riformula, a volte ribalta, non consentendoci perciò di sottrarci a un ripensamento in un senso o in un altro.
Il libro parte da quella che chiama una “rimozione duratura”, ciò che c’è “All’origine della democrazia”. Ci dà conto del concetto di cittadinanza come è giunto sino a noi, non facendo riferimento solo agli esiti del pensiero illuminista e al portato della rivoluzione francese, quando si è ben definita l’idea del cittadino individuo bianco, maschio, proprietario, escludendo le donne dalla cittadinanza anche in epoca moderna. Il testo di Buttarelli risale più indietro, al patto tra fratelli della polis greca nel 403 a.C. Gli stessi maschi, per il timore dell’autodistruzione che poteva derivare dal convincimento di aver bisogno della violenza per fondare il politico, negarono la propria origine storica e affermarono di essere nati direttamente dalla madre Terra, negando perciò il contributo delle donne alla riproduzione della vita in favore del mito dell’origine autoctona. Ciò per rinforzare la loro idea di fratellanza, convincendosi di essere nati tutti da un’unica madre. Quella che chiamiamo oggi democrazia affonda dunque le sue radici in un suolo costituito dal principio dell’odio violento, tenuto a bada dalla finzione, ma necessario a concepire la possibilità stessa della politica e della convivenza, a prezzo però dell’esclusione fin da subito delle donne. Ma in epoca moderna è avvenuta un’altra grande rimozione, che sta alla base della democrazia. All’origine del contratto sociale, dirà Carole Pateman, c’è un rimosso: il contratto sessuale, che ha fondato il patriarcato moderno.
Per formulare l’idea di un’altra democrazia l’autrice si rifà a Simone Weil e al suo testo “La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso la creatura umana”. Da qui trae gli elementi costitutivi della sovranità a radice femminile, tra cui i principali sono: le esigenze dell’anima, gli obblighi verso di essa, l’eterno, l’incondizionato, il condiviso universalmente nella condizione umana, il senso eterno della giustizia. Ciò che guida è il pensiero dell’esperienza, perché mentre il legislatore costituente rivoluzionario o riformatore pensa la società umana o utopica così come la vorrebbe la sua ideologia o il suo partito e poi ne ricava il dettato dei diritti da porre a salvaguardia della società ideale, al contrario S. Weil fa entrare in campo il principio secondo cui il singolo, la singola portano già in sé l’universale e non viceversa. In altre parole, la teoria posta a priori non illumina il singolo caso, la singola vita, semmai ne impone le regole, mentre la singola esperienza contiene già in sé la teoria e può arrivare a produrla. Da ciò deriva che un solido legame sociale può nascere solo dal riconoscimento dell’esistenza dell’”obbligo”, un vincolo assunto all’interno di sé, capace di orientare i legami tra i singoli esseri umani e di far accedere alla comprensione di ciò che “è eterno, universale, incondizionato, ossia le esigenze umane persistenti” nella storia alle varie latitudini e nelle differenti culture.
Nell’attuale panorama di crisi della rappresentanza A. Buttarelli ci ricorda che governare non è rappresentare. Allora come mai in questi anni tante donne, che non vogliono rinunciare alla loro differenza, si sono messe in gioco nei governi locali dove è ancora necessario misurarsi con la rappresentanza e gli attuali meccanismi elettorali? Queste donne accettano tali incarichi perché si sentono più capaci degli uomini e mettono a disposizione la loro competenza come capacità di proporzione, di portare misura in un dato contesto, di saper amministrare con autorità mantenendo la dimensione del pensare politicamente. Nell’esperienza di queste donne si è potuta osservare la mancanza del’ossessione dell’impersonare, dell’incarnare, del dare corpo attraverso sé alla volontà dei rappresentati ridotta a un’entità astratta.
La presenza delle donne nei governi locali si è invece qualificata attraverso le pratiche politiche relazionali, che non consistono in entità fittizie, ma in relazioni nominabili, indicabili, all’interno delle quali nasce un tessuto di senso che accompagna l’agire. È la pratica politica del “vincolo di prossimità”, che evita la costruzione di un potere personale basato sull’incarnazione della volontà dell’altro e mira invece alla pratica dell’autorità a radice femminile, che rifiuta la posizione di dominio. La radice femminile dell’autorità si può capire paragonandola al rapporto madre-matrice del linguaggio, da cui nasce la capacità di significare la realtà e la possibilità di interagire con essa in un circolo virtuoso di relazioni libere. Dunque laddove non è possibile l’autorappresentazione diretta, il parlare in prima persona, può intervenire la “ri-presentazione”, legata all’autorità femminile, che è capacità di farsi mediazione di necessità dell’intera vita, intesa come vita di relazione.
Nel libro si esprime anche una critica al capitalismo e si afferma che le donne sono contro il sistema capitalistico, ma non mettono in questione il mercato, sostengono invece la giusta aspirazione della migliore umanità ad un approdo chiamato finora “comunista o comunitario”. Ciò che caratterizza l’economia di mercato è una produzione in grande quantità e di scarsa qualità di ciò che viene reputato “utile”. Secondo Buttarelli bisogna opporre alla categoria di utile-inutile quella di essenziale-superfluo, per porre poi l’accento sul paradigma della qualità. Il superfluo, il lussuoso rappresentano una “deviazione della norma, uno scarto, uno spostamento; è il nome di tutto ciò che esce dalla sua solita collocazione funzionale, un’eccedenza, un non-utile”. A partire da qui il capitalismo può essere superato. Nell’amore per il superfluo, tipico delle donne, si genera, secondo l’autrice, una nuova economia, l’economia del soprammercato, tipicamente anticapitalista: alla quantità preferisce la qualità, all’utilità l’idea di superfluo che si avvicina di più alla vita, ai suoi bisogni, alla sua bellezza.
Nel testo poi affascina tutta la parte storica con cui l’autrice ci arricchisce di luminosi esempi di autorità femminile nella sapienza del governare: Cristina di Svezia, Elisabetta I di Inghilterra, Elisabetta del Palatinato, Ildegarda di Bingen, Anna Maria Ortese, le Preziose e Carla Lonzi. Altrettanto utili e incoraggianti sono le storie delle operaie tessili di Brescia e l’esperienza di Graziella Borsatti, sindaca di Ostiglia, che mostrano ai giorni nostri una concreta possibilità di relazionarsi, di porsi verso il lavoro e la politica in modo differente. Tutti questi temi e queste esperienze meritano una più vasta e più approfondita condivisione e una elaborazione da parte di tutte e tutti noi. Auspichiamo che l’assunzione di iniziativa e di responsabilità politica di Laura Ricci offra la concreta possibilità di introdurre nella pratica di governo locale le sollecitazioni e le sfide che A. Buttarelli ci propone con il suo libro, sapendo che può contare sul sostegno di noi del Filo di Eloisa e, sono convinta, anche di tantissime altre donne.